Scritto e diretto da Julia Jackman, 100 Nights of Hero adatta l’omonima graphic novel di Isabel Greenberg, a sua volta ispirata liberamente a Le mille e una notte. Presentato come film di chiusura della Settimana Internazionale della Critica alla Mostra del Cinema di Venezia, il film trasporta il pubblico in un regno dominato dal dispotico Birdman (Richard E. Grant), dove le donne non possono leggere né scrivere e sono ridotte a strumenti di procreazione.
Al centro della vicenda c’è Cherry (Maika Monroe), intrappolata in un matrimonio infelice con Jerome (Amir El-Masry) e corteggiata dal seducente Manfred (Nicholas Galitzine). La sua unica alleata è la serva Hero (Emma Corrin), parte di una società segreta di donne che custodiscono storie e memorie come forma di resistenza. Quando Jerome lascia la moglie a casa sotto la minaccia di una scommessa degradante, sarà Hero a proteggere Cherry intrecciando racconti capaci di sospendere il tempo, dando vita a una storia di ribellione.
Storie come resistenza
Jackman costruisce un film che fonde racconto cornice e narrazione interna, rispecchiando il modello di Sherazade. Le storie che Hero racconta a Manfred non sono solo intrattenimento, ma atti politici e di ribellione. Ogni notte diventa un gesto di sopravvivenza e un modo per dare voce a chi, in una società patriarcale, non ha diritto di parola. L’opera mette in scena il potere salvifico della narrazione e il legame tra memoria e resistenza femminile, anche se talvolta lo sviluppo resta più evocativo che realmente incisivo.
Tra ironia e visionarietà
Pur muovendosi nel territorio della fiaba medievale, il film adotta un tono sorprendentemente ironico. Alcune trovate – come le guardie che si appassionano alle storie di Hero come a una soap opera – alleggeriscono il racconto senza smorzarne le tinte oscure. Il registro resta oscillante: un mix di humour eccentrico, melodramma romantico e critica sociale, che talvolta rischia di restare in superficie, ma che mantiene una sua coerenza stilistica.
Delle relazioni credibili
Il cuore del film è la relazione tra Hero e Cherry, sorretta dalle interpretazioni di Emma Corrin e Maika Monroe. Corrin regala una Hero austero, enigmatica e determinata, la cui forza nasce dal potere della parola. Monroe dà corpo a una Cherry fragile ma capace di trovare coraggio, e il loro legame cresce con naturalezza, tra desiderio e solidarietà. Nicholas Galitzine, nei panni di Manfred, alterna fascino e pericolo, mentre Amir El-Masry tratteggia un Jerome ambiguo, schiacciato dal giudizio patriarcale. Nei ruoli di contorno spiccano Richard E. Grant, divertito e caricaturale, e una sorprendente Charli XCX, presenza breve ma scenograficamente memorabile.
Sontuosità visiva e limiti narrativi
A brillare, più di ogni altra cosa, è l’apparato visivo. I costumi di Susie Coulthard sono un trionfo di invenzione, capaci di caratterizzare classi sociali e ruoli simbolici con un tocco barocco che rischia quasi di sovrastare i personaggi. La scenografia di Sofia Sacomani contribuisce a creare un mondo sospeso tra fiaba e sogno gotico, con un gusto che rimanda al pastiche visionario di Derek Jarman. Tuttavia, sotto la patina estetica, la trama non sempre trova la stessa profondità: i temi femministi e queer restano forti, ma vengono sviluppati in maniera più decorativa che radicale.
Una fiaba elegante e incantata
100 Nights of Hero è un’opera visivamente sontuosa e animata da buone intenzioni, che celebra la forza delle storie e l’amore tra donne come atti di resistenza. Emma Corrin e Maika Monroe reggono il cuore emotivo del racconto, mentre Julia Jackman dimostra coraggio nel cimentarsi con un materiale così ambizioso. Pur con qualche discontinuità narrativa, il risultato diverte, intrattiene e conquista grazie a un’estetica unica, a un umorismo leggero e a momenti di sincera magia visiva. Una fiaba adulta, luminosa e fragile, che sa incantare lo spettatore e trasportarlo in un mondo in cui le storie diventano forza e salvezza.

