Che il regno della DC sia completamente fuori rotta lo sanno bene tutti i fan. Tra cast da rifare e trame da riscrivere, l’universo narrativo non sembra avere una direzione chiara. In questo contesto, Aquaman e il regno perduto si incastra alla perfezione, diventando quasi un metatesto di questa disorganizzazione generale.
Già il titolo lascia intuire tutto: un “regno perduto” che si fa metafora della confusione creativa dell’intero DC Extended Universe. Uscito il 20 dicembre, il film arriva in sala dopo slittamenti, rimaneggiamenti e vicende extra cinematografiche (come quelle che hanno coinvolto Amber Heard). Le aspettative? Basse. Il risultato? Un film caotico, divertente e surreale, ma tutto sommato efficace nel suo intento: intrattenere.
Una trama folle ma efficace: tra pesci parlanti e fratelli nemici
La regia di James Wan punta tutto sulla follia visiva e narrativa. Il film si presenta come un mix di elementi tratti da altri franchise Warner e non solo, il tutto condito da una colonna sonora che include persino Born to be Wild.
Arthur Curry/Aquaman (Jason Momoa) si ritrova sovrano controvoglia, padre stanco e marito frustrato. Il suo regno è tutt’altro che stabile, il consiglio di Atlantide gli mette i bastoni tra le ruote, e nemmeno il potere di parlare coi pesci – da sempre oggetto di ironia – sembra bastare. Ma quando la minaccia si fa reale, Arthur è pronto a scendere in campo e a compiere un gesto estremo: liberare il fratello Orn (Patrick Wilson) per affrontare insieme una nuova missione.
Buddy movie sottomarino: il cuore del film è la fratellanza
La forza di Aquaman e il regno perduto non risiede nella trama – che resta semplice e lineare – ma nel rapporto tra i due fratelli. La pellicola si trasforma in un vero e proprio buddy movie natalizio, con dinamiche esilaranti e scambi che alternano sfiducia e crescita reciproca.
Momoa e Wilson funzionano benissimo insieme: il primo sempre sopra le righe, il secondo rigido e regale. Una coppia improbabile, ma perfettamente credibile, che dà vita a momenti divertenti e a una narrazione incalzante, pur nel caos controllato che regna in tutto il film.
Una regia che sa dove andare (anche se l’universo DC no)
Aquaman 2 paga lo scotto del disordine generale della DC, ma James Wan fa una scelta precisa: creare il suo arco narrativo, chiudere un cerchio e portare a casa il film. La sceneggiatura è ridotta all’osso, ma la messa in scena è visivamente potente. Colori sgargianti, musiche epiche e un’estetica che strizza l’occhio al fantasy fanno da cornice a un prodotto che non ha grandi pretese ma sa il fatto suo.
Conclusione: un ponte colorato verso un futuro incerto
Aquaman e il regno perduto non è un brutto film. Al contrario, riesce a divertire e coinvolgere il pubblico, senza prendersi troppo sul serio. È il ponte necessario in un momento di transizione per il DCEU: intrattiene, strappa sorrisi, chiude dignitosamente un ciclo e lascia il testimone a chi, forse, potrà finalmente ricostruire l’impero perduto.

