Dangerous Animals

Dopo The Loved Ones e The Devil’s Candy, Sean Byrne torna al cinema horror con Dangerous Animals, un survival thriller ambientato al largo della costa australiana. Protagonista è Zephyr (Hassie Harrison), giovane surfista americana in fuga dal proprio passato, che viene rapita da Tucker (Jai Courtney), capitano di una barca per tour turistici con squali, il cui vero scopo è ben più sinistro. Rinchiusa a bordo, ferita e circondata da predatori affamati, Zephyr dovrà trovare la forza per ribellarsi a chi la considera solo l’ennesima vittima sacrificale.

Un survival dal fiato corto

La tensione iniziale è solida: l’ambiente ristretto della barca, lo squalo mai del tutto visibile, la minaccia costante che viene dal basso (e dall’interno), funzionano. Tuttavia, presto il film fatica a variare la sua dinamica. La struttura a ripetizione – tentativo di fuga, ricattura, minaccia – finisce per anestetizzare lo spettatore. L’oceano aperto dovrebbe rappresentare una prigione senza pareti, ma diventa piuttosto uno sfondo estetico. La narrazione gira a vuoto e persino i colpi di scena, quando arrivano, risultano prevedibili. Il finale, già intuibile a venti minuti dall’inizio, si trascina senza tensione, e lascia poco o nulla in eredità.

Una protagonista che merita di più

Hassie Harrison regge il ruolo con energia e presenza scenica. La sua Zephyr è credibile come giovane donna segnata dalla solitudine e dal rifiuto, capace di trasformare la rabbia in istinto di sopravvivenza. Josh Heuston, nel ruolo dell’innamorato occasionale Moses, aggiunge un tocco di dolcezza a un film altrimenti dominato da pulsioni brutali. Jai Courtney, invece, non riesce a dare profondità al suo villain: il suo Tucker è tanto ossessivo quanto bidimensionale, più macchietta da B-movie che minaccia reale.

Tra sangue, acqua e deja vu

Dal punto di vista tecnico, Dangerous Animals non è privo di meriti. La fotografia acquatica è suggestiva, con alcune sequenze subacquee notevoli. Il montaggio è teso quanto basta, e la colonna sonora di Michael Yezerski spinge sull’enfasi emotiva, anche se a tratti risulta troppo insistente. C’è persino una buona dose di body horror – un momento con delle manette e un pollice non si dimentica facilmente. Ma tutto questo non basta a compensare la piattezza del copione, né a salvare l’insieme dall’anonimato. Byrne sembra più interessato a suggerire violenza che a metterla in scena con originalità, e questo, per un film che ambisce a essere disturbante, è un limite notevole.

Squali? Pochi. Umani? Peggio.

Dangerous Animals è un film che promette molto ma mantiene poco. Con un’attrice protagonista convincente e una regia che sa costruire atmosfera, avrebbe potuto diventare un survival horror memorabile. Invece si limita a ricalcare i soliti schemi, tra tensione ripetitiva, dialoghi espositivi e squali fantasma. Byrne, che in passato sapeva ribaltare i tropi dell’horror, qui sembra limitarsi a replicarli senza spirito né invenzione. Non è un disastro, ma delude chi si aspettava qualcosa di più disturbante, più sottile, più pericoloso.

Dangerous Animals arriva al cinema il 20 agosto, distribuito da Midnight Factory con la collaborazione di Blue Swan Entertainment.

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