il falsario

Presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public, Il Falsario è il nuovo film di Stefano Lodovichi, tratto dal romanzo Il Falsario di Stato di Nicola Biondo e Massimo Veneziani. La storia segue Toni della Duchessa (Pietro Castellitto), giovane artista dalla provincia che approda nella Roma degli anni ’70 con il sogno di diventare un grande pittore. Tra galleristi, amici e la criminalità locale, Toni scopre il suo talento per la falsificazione, trasformandosi in uno dei falsari più abili e diventando protagonista di eventi legati alla Storia italiana. Accanto a lui, Giulia Michelini è Donata, gallerista ambiziosa; Andrea Arcangeli e Pierluigi Gigante completano il trio di amici; Edoardo Pesce e Claudio Santamaria incarnano le figure più oscure della città.

Toni-Castellitto: talento e carisma in primo piano

Pietro Castellitto offre una delle sue prove migliori, caricando il film con il suo carisma e i tic ormai familiari. Toni è guascone, ironico e imperfetto, ma la sceneggiatura tende a ridimensionarlo, trasformando un criminale ambiguo in un simpatico truffatore accessibile. Nonostante questo, Castellitto regge l’intero racconto sulle proprie spalle, intrattenendo e convincendo lo spettatore. Gli altri interpreti hanno poco spazio per emergere, mentre Edoardo Pesce e Claudio Santamaria aggiungono spessore ai contesti più oscuri.

Roma spettacolo, non storia  

Lodovichi ricrea una Roma viva, tra vicoli sporchi, palazzi storici e scorci illuminati dai tramonti. La città è descritta come porto e tempesta, dove arte, criminalità e Storia convivono, e ogni angolo racconta un’epoca. La fotografia di Emanuele Pasquet e le scenografie di Paolo Bonfini restituiscono un’atmosfera realistica, mentre i costumi di Mary Montalto aggiungono autenticità. Tuttavia, il ritmo serrato e la costruzione narrativa frenetica impediscono di respirare appieno la città e le sue contraddizioni. La città diventa scenografia, funzionale al ritmo, non luogo di tensione o storia.

Regia e ritmo narrativo: intrattenimento sopra la profondità

Lodovichi punta sull’intrattenimento: il montaggio è rapido, la tensione è costruita più sul ritmo che sulla suspense emotiva. La narrazione sacrifica la complessità storica e psicologica dei personaggi, e le sequenze legate a eventi storici – dal rapimento Moro a via Caetani – risultano ridondanti e prive del pathos necessario. Il film segue la linea della fiction leggera, lasciando poco spazio all’approfondimento o all’analisi delle dinamiche criminali e politiche dell’epoca.

Un mosaico sonoro

La colonna sonora di Santi Pulvirenti alterna composizioni originali a brani classici degli anni ’70, da Boney M a Ornella Vanoni, passando per Iggy Pop e Bryan Ferry. La musica accompagna Toni nelle sue avventure con leggerezza, riuscendo a restituire il gusto dell’epoca, ma non compensa la superficialità narrativa. L’atmosfera è sempre vivace e coinvolgente, funzionale al ritmo serrato, ma il film fatica a far emergere il lato oscuro e drammatico della Roma storica.

Una patina Netflix che limita il film

Il Falsario è un film piacevole da guardare: scorrevole, ben recitato e con ritmo assicurato. Tuttavia, alcune scelte produttive e stilistiche conferiscono all’opera una marcata “patina Netflix” che ne limita l’impatto emotivo e storico. Il gigantesco N rosso iniziale sembra già un manifesto: tutto è pensato per intrattenere, più che per emozionare o approfondire. Il montaggio frenetico e la voce narrante, a tratti didascalica, trasformano alcune sequenze in veri e propri videoclip e riducono eventi storici di grande peso a semplici tappe narrative, prive di tensione o intensità. In questo contesto, le ambiguità di Toni vengono ridotte e la Roma degli anni di piombo resta spesso sfondo più che protagonista. La pellicola diverte, ma lascia il desiderio di un maggiore approfondimento dei personaggi e dell’epoca che racconta.

Intrattenimento garantito, ma poco mordente

Il Falsario è un buon film di intrattenimento: Pietro Castellitto regge il racconto con forza e carisma, la Roma degli anni ’70 è evocativa e i riferimenti musicali restituiscono il gusto dell’epoca. Tuttavia, la superficialità narrativa, la semplificazione dei personaggi e il ritmo serrato riducono l’opera a uno spettacolo piacevole ma poco memorabile. Una storia godibile, che intrattiene senza mai lasciare il segno.

Il film sarà disponibile su Netflix dal 23 gennaio.

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