Riccardo Milani torna dietro la macchina da presa con “La vita va così”, film d’apertura della Festa del Cinema di Roma 2025. Una storia ispirata a una storia vera che ha commosso la Sardegna e l’Italia intera.
Il regista romano affronta un tema di scottante attualità: la difesa del territorio e l’etica della resistenza civile. Tematica che affronta attraverso una narrazione sospesa tra commedia e dramma, tra leggerezza e malinconia.
Efisio Mulas: l’uomo che disse no
Protagonista della pellicola è Efisio Mulas (interpretato da Ignazio Giuseppe Loi), un pastore anziano che vive con la figlia Francesca (Virginia Raffaele) e le sue vacche in una zona incontaminata del sud Sardegna. La tranquillità del loro mondo è minacciata dalle mire “espansionistiche” di un imprenditore milanese (Diego Abatantuono). Da Milano, infatti, arriva un responsabile di cantiere siciliano (Aldo Baglio) in missione grazie alla sua durezza di carattere. L’uomo non ha legami tangibili, di conseguenza è perfetto per poter cercare di convincere Mulas a vendere così da iniziare i lavori. La volontà da Milano è chiara: trasformare quel paradiso naturale in un resort di lusso. Efisio, però, non cede. Rifiuta ogni offerta, anche milionaria, e difende la sua terra con la sola forza della gentilezza e della coerenza morale.
Il film esplora i limiti del progresso e l’illusione dello sviluppo economico a tutti i costi, chiedendosi cosa resti dell’identità quando la natura viene sacrificata.
Come ha dichiarato lo stesso Milani:
“Credo che si possa e si debba creare sviluppo rispettando il territorio, perché il sogno del lavoro e la difesa dell’identità dovrebbero sempre trovare un equilibrio. Ovidio ci insegna che non tutto si può comprare.”
Il peso della morale
Pur partendo da un soggetto potente e necessario, La vita va così pecca di retorica. Milani segue fin troppo pedissequamente l’obiettivo di imporre una morale, e in questo modo i dialoghi finiscono spesso per girare su se stessi, ripetendo ciò che lo spettatore ha già compreso dalle immagini.
L’avidità e il progresso vengono costantemente contrastati da un giudizio morale persistente, che percorre l’intera pellicola e rischia di appesantire la narrazione.
Il film sarebbe risultato sicuramente più efficace se avesse rallentato un po’ la corsa verso la lezione etica, lasciando più spazio alla riflessione spontanea dello spettatore. È giusto interrogarsi su ciò che è giusto o meno, su cosa possa fare bene o male a una regione, ma il messaggio funziona davvero quando emerge dai gesti, non quando viene ripetuto a parole. Una riflessione progressiva e naturale esattamente come quella che compie il personaggio di Aldo Baglio. Legarsi a quella terra, a quelle meraviglie, stringe il cuore e obbliga allo stop. Bastava l’evoluzione di questo siciliano per poter inoculare nello spettatore quel giusto guizzo morale. Lo schieramento, in questo modo, è fin troppo netto e didascalico.
Eppure, dietro la sua eccessiva didascalia, resta un’analisi interessante: quella tra il bisogno di lavoro di una terra che fatica a restare in piedi e la frenesia milanese del “costruire” a tutti i costi. Una vita lenta che si oppone alla rapidità, una resilienza che tenta di abbattere il cemento e di preservare la dignità di un modo di vivere ormai in via d’estinzione.
Tra cinema civile e commedia umana
Milani alterna il sorriso alla riflessione, cercando di costruire un racconto popolare che parli al grande pubblico senza rinunciare alla profondità. Tuttavia, questa doppia anima — ironica e drammatica — finisce a tratti per disorientare: La vita va così oscilla tra realismo sociale e malinconia poetica, senza scegliere mai davvero quale strada percorrere.
La regia si muove tra i paesaggi mozzafiato del sud Sardegna e le dinamiche familiari, in un equilibrio fragile ma sincero.
La morale di una resistenza pacifica
Dietro il racconto cinematografico si nasconde una domanda universale: è davvero inutile opporsi in modo pacifico? O, al contrario, è proprio quella la chiave per cambiare le cose?
Il film suggerisce che la vera forza risiede nella gentilezza incorruttibile, nella capacità di restare umani anche quando tutto intorno spinge alla resa.
Una pellicola interessante che però perde nella sua pesantezza diventando un lungo spot sulla bellezza della Sardegna. Una delle terre più belle, specie dal punto di vista marino, che merita di essere preservata più di quanto non si sia fatto con altri territori italiani. Purtroppo, però, in questo modo lo spettatore rischia di essere fin troppo bombardato dal lapalissiano messaggio che corre in tutta la narrazione.

