“Milanconia”: l’anima nuda di Naska tra sogni, pioggia e disincanto

Milanconia

La “Milanconia” si è impossessata anche di questa redazione, specie mentre ascoltiamo il vinile autografato dallo stesso Diego. Naska ha rilasciato, in occasione del suo tour unplugged, il suo ultimo EP: 7 tracce che ci trasportano all’interno di ballad profonde e intime. Del resto, la marionetta che campeggia sulla cover è abbastanza esaustiva: un ragazzino manovrato da una città frenetica che ti assorbe e ti spersonalizza.

C’è una maturazione in questo viaggio. La stessa che ha trasportato all’interno dei teatri di tutt’Italia che si è esaurita con la sua versione più punk ed esplosiva che potesse tirare fuori. Una crescita che parte dalla sua stessa ammissione di “colpe”, un po’ il core che avevamo avuto modo di saggiare già con The Freak Show“.

Ho Smesso Di Essere Un Ragazzo A 18 Anni

“Ho smesso di essere un ragazzo a diciott’anni
Quando ho salutato mamma, babbo e tutti gli altri
Quando pagavo l’affitto e mi lavavo i piatti”

L’Ep si apre con un senso di responsabilità. Una presa di consapevolezza e di diniego verso quell’infanzia sfumata rapidamente. In barba a chi sostiene che la nuova generazione è “bambocciona” e vuol stare all’interno del nido materno. Diciotto anni appena compiuti e un “calcio in c*lo” per poter cercare di inseguire i propri sogni. La voce è calma, pacata, ma trasuta tutta la melanconia. Il senso di vuoto che accompagna le parole pronunciate da Diego è la perfetta emozione per poter dichiarare di cosa parlerà l’intero EP. Una serena e pacata rassegnazione di ciò che è stato. Un dato di fatto che ha segnato parte della persona che, ad oggi, deve guardare allo specchio.

“Rinunciavo ad amici, fama e soldi facili
Dormivo a casa di amici su sedie e divani
Ho creduto in me stesso più di tutti quanti”

In chiusura, come per fare da tramite a ciò che è stato e quel che è, arriva l’ultima consapevolezza. Le rinunce fatte da quella “fame” nutrita dai propri sogni. Un modo per poter fare i conti con tutti i “no” che sono arrivati da altri, ma soprattutto da se stessi. Come, però, evidenziato… è un ponte. Un ponte tra il sè del passato che lasciava casa e il sé che nel mentre ha fatto di Milano la propria dimora.

Milano

“Milano è così
Ti mangia se vuole”

Tra sole e pioggia, senza mezze stagioni. Tra ombrelli e maniche corte, Milano è volubile. Quasi un sintomo della propria situazione emotiva. Una sorta di meteoropatia metafora del vuoto dell’anima. La mancanza di casa, delle proprie radici, è ben presente nota dopo nota. Il dolore di aver lasciato quel posto, quel contatto con la parte più infantile di sé, per affacciarsi alla rapidità che contraddistingue il mondo degli adulti. Una vita che non è fatta per tutti e che, di conseguenza, ti ingoia e ti consuma.

Una coppia a spasso si tiene per il braccio
Lei è innamorata
Lui mano nel jeans
Mi piace guardarli eppure li invidio
Sono felici e voglio esserlo anch’io
Chissà se lo sanno che un giorno per niente
Ci si perde

Allo stesso modo subentra quel rammarico di qualche amore perduto. Perché si, siamo la generazione del tutto e subito. Ventenni e trentenni che vivono emozioni effimere, capaci di durare solo il tempo di uno scrolling. Per niente ci si perde nell’incapacità di riuscire a stringere quegli stessi sentimenti un po’ più vicini a sé.

Milano non è la città.

Milano è Diego stesso, nella sua più grande fragilità nel lasciarsi condizionare dal sole e dalla pioggia. Un osservatore che si fa vivere dalla vita, incapace di poterla realmente afferrare. La città diviene lo sfondo di una vitalità che non gli appartiene. Simboli come i bambini, i cani, i vecchietti, tutti coloro che sono pronti a viversi quel giorno nel mezzo della settimana senza troppe aspettative. Il sole, così come la pioggia, ricordano i momenti vissuti in coppia. L’amore nei momenti belli, tanto quanto in quelli brutti. La pioggia diventa la fine, l’ombrello da ricordare è un modo per potersi rifugiare nella coccola che vibra nella memoria.

Non Aspettarmi

“Cercavo un bar aperto, una scusa
Per non ritornare a casa
E dirti che va tutto bene”

Con “Non aspettarmi” subentra l’incapacità di affrontare la realtà. La voglia di evasione dai problemi della quotidianità, specie quando il sole è basso. Nelle ore più tarde, quando i pensieri affollano la mente e sono in grado di soffocarti se poggi la testa sul cuscino. Meglio arrivare al sonno non capendo come ci si è tornati a casa. Una pura e semplice evasione da quell’Alcatraz mentale che le nostre paranoie sono in grado di creare.

“Che mi faccio a pezzi, sì, per ritrovarmi
Perché Diego c’è ma adesso lui non è qui”

Parole abbastanza esplicative, non hanno bisogno di spiegazioni.

Sex Toys

Inutile negarlo, questa è una delle canzoni che maggiormente preferisce chi sta scrivendo questa recensione. Forse tutto l’intero articolo è stato pensato per poter arrivare a questa traccia. Questa ballad, però, riesce ad essere un perfetto mix di sensazioni in grado di passare al di sotto dell’epidermide. Un brivido lungo la spina dorsale che parte proprio da quel dito “che non è il tuo”.

“Dimmi all’orecchio cosa ti piace”

Diego ha la capacità, con sole poche frasi, di catapultarci all’interno dei kink che ognuno di noi possiede. Non importa ciò che viene da lui esplicato, sono le immagini mentali che compensano il resto. Come un lento gioco delle parti. Una dolce e soave seduzione che ci porta all’interno di quei desideri che non diremmo mai ad alta voce. Con una sola canzone crea complicità con l’ascoltatore stesso. Paradossalmente è quasi come se fosse un padre confessore alla quale poter dire tutti i propri peccati più oscuri. Quello che deve assolverti mantenendo il segreto professionale.

“Come due fili attorcigliati
Vestiti in giro e vetri appannati
Sempre meno umani semprе più animali
E non ti ho ancora mai sentito dirmi: “Basta”
Io che respiro il fumo chе mi soffi in faccia
È una minaccia o no?”

Sempre meno umani, sempre più animali… guidati dal mero istinto primordiale. Una serie di desideri che si rincorrono con talmente tanta facilità da non avere necessità di esser pronunciati per essere appagati. Quello che abbiamo davanti è un gioco. Non c’è chi vince e chi perde. Si gioca ad armi pari e ci si appagata.

Guarda Che Luna

Questa è una delle tracce maggiormente annunciate dallo stesso Diego. Diverse volte ha parlato di questa canzone di Buscaglione e ne ha ammirato la bellezza. Una canzone che ha suggellato l’amore tra i suoi genitori. Un modo per poter ringraziare quel sentimento che, in un modo o nell’altro, ha avuto modo di vedere e vivere.

“Guarda Che Luna”, personalmente, è un po’ una bast*rdata. Una di quelle canzoni che fa parte del mio personale bagaglio musicale perchè l’ascoltavo da piccolina con mio nonno. Una cover che si connota di emotività personale per chiunque (ne sono sicura senza peccare di presunzione).

Piccolo (Acoustic)

Di questa canzone ne abbiamo già parlato con l’uscita di “The Freak Show”. La sua versione in acustico è solo la mazzata finale per il viaggio emotivo che Diego ci ha qui proposto. Piccolo si connota, ulteriormente, del vuoto cosmico che abbiamo imparato a navigare.

Quando Sarò Morto (Ft. J-Ax)

Per chiudere non si poteva non parlare di morte, ma in modo canzonatorio. Ci si prende gioco di una delle più grandi paure dell’uomo, depotenziandone il dolore.

Portate le bottiglie
Con la musica a mille
Voglio le pornostar quando sarò morto
Non dite le preghiere
Che cazzo vi piangete?
Tanto non me ne sarò accorto

Un ridimensionamento che evidenzia quanto i funerali servano ai vivi e non a chi non c’è più. Diego vuole che sia una festa, esattamente come la musica che lo ha connotato ogni volta che calca un palco. Il ft con J-AX funziona e trascina con se quell’animo punk che con le ballad non poteva essere mantenuto del tutto. Dal ritmo al testo dissacrante, questa chiusa ci porta all’interno di quel crescendo emotivo di cui non sapevamo aver bisogno.

Tra senso di vuoto e effettivo oblio, con questo EP Diego ci ha spinto nella parte più oscura di sé. Paure e dolori, demoni messi a nudo e chiamati col loro nome per poter essere esorcizzati. “Milanconia” riesce a racchiudere gli umori dei suoi coetanei, perché si… a queste emozioni non ci si lega mai da soli.

di Lapizia

Guardo troppi film e parlo troppo velocemente, ma ho anche dei difetti!

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