Nouvelle Vague

Con “Nouvelle Vague“, presentato nella sezione Best of della Festa del Cinema di Roma, Richard Linklater firma uno dei suoi lavori più sorprendenti e affascinanti: un film in bianco e nero, girato in francese e ambientato a Parigi nel 1959, che racconta la genesi di Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard. Ma non si tratta di un semplice biopic: è un film “alla Godard”, costruito come un dialogo giocoso e riflessivo tra due generazioni di cineasti.

In scena, Guillaume Marbeck interpreta un giovane Godard arrogante e vulnerabile; Zoey Deutch è un’incantevole Jean Seberg, magnetica e ironica; Aubry Dullin dà vita al carismatico Belmondo. Accanto a loro, Adrien Rouyard, Antoine Besson e Jodie Ruth Forest interpretano rispettivamente Truffaut, Chabrol e Suzanne Schiffman, completando il ritratto di un gruppo di amici destinato a rivoluzionare il cinema.

La gioventù del cinema

Il film si apre nelle sale di proiezione e nei caffè di Parigi, tra battute caustiche, sigarette e sogni di celluloide. Linklater ci immerge nel clima effervescente del Cahiers du Cinéma, dove Truffaut e Chabrol stanno già filmando, mentre Godard teme di aver “mancato l’onda”. È un ritratto corale, vivace e intelligente, popolato da cameo di Varda, Rivette, Melville e Rossellini: geni ancora inconsapevoli, umani e disordinati, che discutono, improvvisano, sognano. Tutti appaiono come ragazzi normali che stanno per cambiare la storia. In questo risiede la forza emotiva del film: l’idea che ogni rivoluzione nasca da una conversazione tra amici con troppa ambizione e pochi mezzi.

Il peso della memoria

Lontano dal sentimentalismo, Nouvelle Vague mostra come il genio e l’ego di Godard si alimentino a vicenda. Guillaume Marbeck gli regala un ritratto spigoloso e ironico, più umano che mitico. Zoey Deutch, straordinaria nel ruolo di Jean Seberg, ne cattura la fragilità e la distanza con grazia malinconica, mentre Aubry Dullin dà a Belmondo la sfrontatezza e il magnetismo che resero Fino all’ultimo respiro un film immortale. La coralità del cast – composto in gran parte da volti emergenti – è proprio uno dei punti di forza del film: l’assenza di star restituisce autenticità, come se Linklater avesse voluto rigenerare l’energia amatoriale e audace del movimento che racconta.

Cinema dentro il cinema

Sulla ricostruzione del set di Fino all’ultimo respiro, Nouvelle Vague diventa un manuale visivo di libertà creativa. Linklater riprende le invenzioni stilistiche di Godard – il montaggio spezzato, le rotture di sguardo, i dialoghi ellittici – ma le trasforma in un atto di puro gioco. La fotografia di David Chambille, nel formato 1.37:1, restituisce la grana del tempo con una luminosità moderna, e la lingua francese, scelta dallo stesso Linklater, dona autenticità e ritmo. Nonostante l’attenzione filologica, il film respira una leggerezza contagiosa: sembra nato più per celebrare la gioia del fare cinema che per illustrarne la storia.

Un’onda che ritorna

Linklater non si limita a ricostruire un momento storico, ma lo rivive con affetto, curiosità e ironia. Dopo Boyhood e la trilogia Before, il regista texano torna a interrogarsi sul tempo e sulla creazione artistica, riconoscendo in Godard un proprio alter ego ideale. Come il cineasta francese, anche Linklater è stato un outsider, partito da un film “senza permessi” (Slacker) per poi diventare un nome di culto del cinema indipendente. Con Nouvelle Vague, guarda indietro per parlare del presente: di come ogni rivoluzione artistica nasca dall’urgenza di rompere le regole, di creare qualcosa di vivo, anche imperfetto.

Un omaggio vivo

Nouvelle Vague non è un film perfetto, ma è pieno di vita. La sua forza sta nel dialogo continuo tra passato e presente, tra l’atto di ricordare e quello di reinventare. Come Godard, Linklater costruisce il suo omaggio mescolando amore e disobbedienza: “rifà” la Nouvelle Vague per ricordarci che ogni onda creativa nasce per essere superata. Il risultato è un film brillante, imperfetto e necessario, che celebra non solo un’epoca del cinema, ma l’eterno bisogno di ricominciare. 

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