TRON

Riportare in auge le atmosfere degli anni ’80, negli ultimi anni, sta diventando sempre più facile e frequente. Molti dei film contemporanei sono sequel o remake di saghe che hanno fatto la storia del cinema, e TRON non fa eccezione. Se, infatti, nel 1982 la sua trama rappresentava una riflessione pionieristica sulla capacità immersiva dei videogiochi, oggi la saga si apre alle potenzialità più moderne che i nuovi software e le intelligenze artificiali hanno nel nostro presente.

La presenza di Ares, nella realtà, spinge lo spettatore a riflettere su ciò che separa e al tempo stesso unisce mondo digitale e mondo umano. Una barriera sempre più sottile, dove la tangibilità e l’impermeabilità del GRID diventano concetti da ridefinire.
Un nuovo capitolo tra etica e tecnologia

Con TRON: Ares, la Disney riporta in vita uno dei suoi universi più visionari, diretto da Joachim Rønning e interpretato da Jared Leto, Greta Lee, Evan Peters, Gillian Anderson e Jeff Bridges.
La colonna sonora, firmata dai Nine Inch Nails, amplifica la tensione e la carica emotiva di una storia che si muove tra il neon della fantascienza classica e le ombre di una riflessione contemporanea.

Tra realtà e simulazione è ben visibile la riflessione che urge fare anche sulle conseguenze militari delle nostre tecnologie. Se nel 1982 tutto sembrava ancora un po’ troppo lontano, oggi queste prospettive ci appaiono terribilmente vicine. Ci muoviamo così tra la fantascienza patinata di neon e quella più oscura alla Black Mirror, in cui i soldati robot sono all’ordine del giorno.

Ares, infatti, spaventa più per la sua umanità che per le sue azioni. Aver saggiato, seppur per pochi minuti, la vita umana lo spinge a desiderarla fino in fondo: una coscienza che non può essere programmata, perché si contamina di imprevedibilità. Non un super soldato, ma una serie di codici così complessi da avvicinarsi alla stessa complessità dell’essere umano, nella sua capacità di codificare e decodificare la realtà.

L’essenza dell’essere umani

In una realtà che ricerca ossessivamente l’innovazione tecnologica, TRON: Ares ci chiede cosa ci renda davvero umani. E soprattutto, quali valori – morali o meno – guidino le nostre scelte.
Ares compie lo stesso viaggio: come un moderno Pinocchio, desidera diventare “impermanente”, reale. Bit e codici si intrecciano fino a generare pensiero e coscienza. Ma non possiamo escludere il machiavellico inseguimento del guadagno, che nel film resta una forza motrice. I nemici evolvono non solo per la sete di conoscenza, ma per la loro stessa sete di potere e di sangue.

Un cast che dà anima alla macchina

In tal senso, il cast è perfetto nel riuscire a trasmettere tutti questi concetti complessi.
Jared Leto sembra tornato ai tempi d’oro di Mister Nobody, bilanciando vulnerabilità e mistero, mentre Evan Peters si conferma il cattivo subdolo e impeccabile che riesce sempre a incarnare con inquietante naturalezza. Le loro azioni trovano riverbero nei loro sguardi: gli occhi dei protagonisti trasmettono perfettamente le intenzioni dei loro personaggi ancor prima che vengano pronunciate le battute o che il tutto venga messo in moto.

La compagine femminile riesce finalmente a uscire dalla mera caratterizzazione di sfondo. Gillian Anderson, nei panni materni, restituisce la consapevolezza di una donna che ha compreso quanto poco controllo si possa avere sul proprio figlio, mentre Greta Lee prende con lucidità e determinazione l’eredità che la ENCOM le ha lasciato sulle spalle. Due figure che, in un universo dominato dai codici, rappresentano l’essenza più pura dell’empatia e della responsabilità.

Oltre il codice, l’anima

TRON: Ares è un film che non si limita a riprendere un cult del passato, ma lo reinterpreta con una consapevolezza moderna.
Ci costringe a guardare dentro le macchine e dentro noi stessi, nel punto in cui l’algoritmo diventa emozione e la logica incontra la fragilità umana. Un ritorno potente, magnetico, e sorprendentemente necessario.

TRON: Ares è in sala dal 9 ottobre 2025, distribuito da Walt Disney Studios Motion Pictures.

di Aida Picone

Guardo troppi film e parlo troppo velocemente, ma ho anche dei difetti!

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