Tra le mura del Mattatoio, nel cuore del Romaeuropa Festival 2025, il coreografo lituano Dovydas Strimaitis ha portato in scena la Prima Nazionale di Hairy, “una danza per quattro corpi e le loro chiome” che ha conquistato il pubblico romano con la sua forza simbolica e la sua tensione poetica. In apparenza minimale, ma densa di riflessioni sul corpo e sulla libertà, l’opera si è rivelata un vero e proprio saggio sul movimento, sul controllo e sulla sua inevitabile perdita.
Il corpo e la sua ombra
Strimaitis parte da un’idea tanto semplice quanto vertiginosa: i capelli come estensione incontrollabile del corpo, una frontiera viva e autonoma che sfugge al dominio della volontà. Attraverso questa immagine, la coreografia interroga la natura stessa della danza, arte fondata sul controllo, trasformandola in un campo di tensione tra rigore e caos. Ogni gesto, ogni vibrazione, sembra emergere da un impulso interiore più che da una costruzione esterna, e lo spettatore assiste a una progressiva metamorfosi in cui il corpo si fa strumento di un disordine necessario.
Quattro presenze magnetiche
Sul palco, i quattro interpreti – Line Losfelt Branchereau, Benoit Couchot, Hanna-May Porlon e lo stesso Strimaitis – compongono un quartetto di straordinaria precisione e intensità. I loro movimenti, calibrati ma mai rigidi, danno vita a un intreccio di forze in costante mutazione. Sotto la supervisione della direttrice delle prove Lucrezia Nardone, si muovono come elementi naturali, ora fluidi come l’acqua, ora impetuosi come il vento, trasformando i capelli in pura materia coreografica. L’energia collettiva che sprigionano non è solo fisica, ma profondamente emotiva: un dialogo silenzioso tra disciplina e abbandono.
Il confine tra luce e buio
Fondamentale è il lavoro delle luci di Lisa M. Barry, che disegna nello spazio un continuo gioco di ombre e riflessi. Il buio diventa una presenza viva, quasi palpabile, mentre fasci di luce improvvisi rivelano corpi in movimento come visioni fugaci. L’effetto è ipnotico: lo spettatore viene guidato attraverso una dimensione sospesa, in cui la percezione del tempo si dilata e ogni respiro sembra parte integrante della coreografia. L’uso delle luci stroboscopiche, calibrato con precisione, amplifica la sensazione di perdita di controllo, immergendo la sala in un’atmosfera da rito contemporaneo.
Il suono come respiro della scena
La colonna sonora alterna composizioni originali di Julijona Biveinytė a brani di Bach eseguiti da Yo-Yo Ma e Jean-Guihen Queyras. Il dialogo tra musica barocca e sonorità contemporanee crea un ponte temporale che sottolinea la tensione tra struttura e libertà, tra tradizione e sperimentazione. La musica, più che accompagnare, diventa un contrappunto emotivo ai corpi in scena: una voce invisibile che amplifica la loro vulnerabilità e la loro potenza.
Un’esperienza ipnotica
Con Hairy, Dovydas Strimaitis firma una delle proposte più originali del Focus Lituania del Romaeuropa Festival, costruendo una riflessione danzata su ciò che sfugge al controllo: il movimento dei capelli come gesto primordiale, ribelle e liberatorio. In questo gioco di libertà e dipendenza, i capelli si fanno metafora perfetta del corpo contemporaneo, diviso tra l’istinto e la regola, tra il bisogno di appartenere e quello di sfuggire. Strimaitis ne fa un linguaggio a sé, capace di unire filosofia, ironia e sensualità in un’unica, magnetica visione. Il risultato è uno spettacolo che non solo cattura lo sguardo, ma invita a lasciarsi trasportare dal flusso di un movimento che, come i capelli stessi, non può essere mai davvero domato.

