Couture

Couture, il nuovo film di Alice Winocour presentato alla Festa del Cinema di Roma 2025, è un viaggio lento, elegante e struggente dentro il mondo della moda e dell’identità.
Dietro il luccichio delle passerelle di Parigi, la regista francese costruisce un racconto intimo, in cui le luci della ribalta non servono a mostrare, ma a nascondere.

Qui le parole del cast

La protagonista è Maxine, interpretata da una sorprendente Angelina Jolie: una regista americana arrivata nella capitale francese per girare un cortometraggio durante la Fashion Week. Sotto la superficie di una professionista sicura di sé si nasconde però una donna in crisi profonda: un matrimonio finito, una malattia che la costringe a guardarsi davvero e la paura di non riconoscersi più nel riflesso che il mondo le rimanda.

Accanto a lei scorrono due figure femminili che ampliano la sua eco emotiva: Ada, una giovanissima modella keniota catapultata nel vortice dell’alta moda, e Angèle, una truccatrice francese che osserva tutto con lo sguardo di chi resta ai margini, invisibile ma pienamente consapevole. Tre destini diversi che si sfiorano, si rispecchiano e si confondono in una Parigi luminosa e malinconica allo stesso tempo.

Winocour dirige con una mano delicata e precisa, rinunciando alla spettacolarità per abbracciare una dimensione intima fatta di pause, sguardi e silenzi. Ogni inquadratura sembra scolpita nella luce: la fotografia alterna il biancore abbagliante delle passerelle ai toni morbidi e sfocati delle stanze private, dove il glamour si sbriciola e resta solo l’essere umano.

Couture non racconta la moda, la smonta. La trasforma in una metafora del corpo, del tempo e della paura di svanire. L’universo patinato delle sfilate diventa così un luogo di fragilità, dove le donne cercano di ritrovare un senso dentro la pressione dell’immagine e dell’attesa degli altri.

Angelina Jolie, una performance di pura vulnerabilità

Angelina Jolie offre una delle interpretazioni più intense della sua carriera.
Dimentica la diva, rinuncia alla bellezza come arma e la trasforma in confessione. Ogni gesto, ogni esitazione è calibrata ma piena di vita: la sua Maxine è insieme forte e fragile, lucida e disperata. In lei si avverte un filo autobiografico che rende il personaggio ancora più toccante.

Accanto a lei, Ella Rumpf restituisce con grazia il senso di invisibilità di chi lavora dietro le quinte, mentre Anyier Anei incarna l’ingenuità e la forza di chi deve ancora capire quanto sia alto il prezzo della visibilità.
Il cast maschile, con Louis Garrel e Vincent Lindon, resta sullo sfondo, come contrappunto discreto all’universo femminile che domina la scena.

Un film intimo e contemplativo

Couture è un film che non teme la lentezza. Winocour preferisce l’emozione all’azione, il dettaglio all’effetto. Ne nasce un’opera sospesa e contemplativa, che respira come una confessione.
A qualcuno potrà sembrare rarefatta, ma proprio in questo risiede la sua forza: nel non dover spiegare tutto, nel lasciare allo spettatore lo spazio per ascoltare e riconoscersi.

È un film sull’essere donna, ma anche – più in profondità – sull’essere vivi: sul tentativo di accettare la propria finitezza e trasformarla in bellezza.

La regia di Alice Winocour: rispetto, luce e verità

Ciò che colpisce è l’armonia tra la regia e la recitazione. La macchina da presa non impone mai il suo punto di vista: accompagna i personaggi con rispetto e li osserva senza giudicare.
La colonna sonora, rarefatta e malinconica, amplifica la sensazione di sospensione, mentre la sceneggiatura intreccia i tre percorsi femminili in modo fluido, lasciando che la trama si costruisca attraverso emozioni e piccoli gesti.

Il risultato è un film di grande coerenza visiva e tematica, che sa unire delicatezza e intensità.

Moda, corpo e arte come spazi di resistenza

In un panorama spesso ossessionato dalla perfezione, Couture osa mostrarsi imperfetto, vulnerabile, vero.
È un film che parla di come l’arte, la moda e il corpo diventino spazi di resistenza: luoghi in cui provare a riconciliarsi con il proprio dolore.

Alla fine, quando le luci delle passerelle si spengono, resta solo la consapevolezza che la bellezza non è ciò che si mostra, ma ciò che resta nascosto e continua a pulsare sotto la superficie.

Alice Winocour firma un’opera di rara sensibilità, e Angelina Jolie le presta il suo volto più umano: quello in cui la forza non è negazione della fragilità, ma il suo riflesso più autentico.
Couture è un film che rimane addosso come un tessuto prezioso: non si indossa per apparire, ma per ricordare che anche la cicatrice può diventare arte.

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