I fantastici 4

“I Fantastici 4: Gli inizi” mantiene la promessa fatta nel titolo: ci introduce a questa geniale famiglia di supereroi, permettendoci solo di assaporare la portata dei loro poteri e delle avventure che li attendono.

La distruzione della Terra, quando si parla di supereroi, è sempre dietro l’angolo. In un mondo ispirato al retro-futurismo, lo spettatore viene trasportato negli anni ’60, nel pieno dell’era dell’esplorazione spaziale. È proprio qui che quattro scienziati/astronauti partono per una missione rivoluzionaria. Ma al ritorno, niente è più come prima: una tempesta cosmica li ha trasformati nel profondo, donando loro poteri straordinari, frutto di mutazioni genetiche.

Ben quattro anni dopo, la loro presenza è diventata familiare. Sono amati, celebrati, chiacchierati. I Fantastici 4 sono i nuovi protettori del pianeta.

Visti i pareri fin troppo contrastanti all’interno di questa redazione, abbiamo deciso di dar vita a due diverse recensioni.

Da parte mia, sono uscita dalla sala largamente entusiasta di ciò che è stato trasposto dai fumetti. Questo universo retro-futuristico è entusiasmante e accattivante. Ci riporta non solo a un immaginario ben preciso, ma restituisce anche l’idea stessa che molto spesso restava in sottofondo nei comics originali.

Per quanto l’MCU, nel corso del tempo, si sia mostrato più colorato e spensierato rispetto all’universo DC, le verità sono diverse. Ad ogni New York che si rispetti, si è sempre contrapposta una cupa Gotham, ma nel complesso, l’utopia di rinascita sembrava più appannaggio della Justice League che dei Vendicatori.

E invece questo film ribalta quel paradigma, introducendo una profondità nuova, più matura, anche nel cuore dell’universo Marvel.

Ma non tutto è come sembra

Dietro la fama si nasconde il prezzo da pagare per essere eroi: la solitudine, l’incomprensione, il peso delle aspettative. Ed è proprio in questo fragile equilibrio che il film trova la sua forza. “I Fantastici 4: Gli inizi” sceglie di raccontare non solo la spettacolarità dei poteri, ma soprattutto l’umanità di chi li possiede.

Pedro Pascal interpreta un Reed Richards carismatico e tormentato, capace di trasmettere la genialità del leader e il peso delle sue responsabilità. Vanessa Kirby è una Sue Storm intensa e risoluta, protagonista di alcune delle sequenze più emozionanti. Joseph Quinn, nei panni della Torcia Umana, regala ironia e leggerezza, mentre Ebon Moss-Bachrach rende La Cosa malinconica e tenera, molto lontana dalla semplice “forza bruta”.

Il time shoot di ogni singolo personaggio è corretto e interessante. Il minutaggio a disposizione permette di apprezzare a pieno la caratterizzazione di ciascuno.

Il rapporto tra Reed e Sue, in particolare, rappresenta l’imperfezione del loro amore e l’accettazione delle differenze caratteriali. Un tema che non emerge in modo semplice o semplificato, ma che diventa il vero cemento della coppia anche di fronte a scelte discutibili. La moralità, in questo senso, si scontra con l’amore. Il raziocinio di Reed si incrina davanti all’idea di paternità, e l’ossessione per il controllo — per prevedere l’agire del nemico — perde senso quando viene meno la possibilità stessa del sacrificio.

Il rapporto tra Johnny e Ben, invece, si discosta nettamente dall’ilarità adolescenziale vista nelle precedenti versioni cinematografiche. Qui non siamo più davanti a eroi alle prime armi, ma a quattro individui che convivono con i propri poteri da oltre quattro anni. L’immaturità del loro legame ha ceduto il passo a un’intesa più adulta, segnata dalle esperienze condivise.

Ben ha ora un proprio modo personale, quasi intimo, di approcciarsi alla vita, che meriterebbe un ulteriore approfondimento nei prossimi capitoli. Mentre Johnny, finalmente, esce dallo stereotipo del belloccio superficiale: i suoi interessi, i suoi dubbi e il suo desiderio di appartenenza lo rendono un personaggio accattivante, con molto da raccontare.

Il mondo costruito attorno a loro è vivido e affascinante: una Terra alternativa anni ’60 che vive tra costumi vintage, tecnologie retrò e scenografie che sembrano uscite da una tavola a fumetti. Un’estetica che gioca tra nostalgia e visione futuristica, curata nei minimi dettagli.

La colonna sonora di Michael Giacchino accompagna il racconto con eleganza: mai invadente, ma sempre presente, capace di amplificare l’azione e sottolineare le sfumature emotive.

E poi arriva Galactus

Un antagonista titanico, mitico, che non rappresenta soltanto distruzione, ma anche l’ignoto e l’incontrollabile. Julia Garner, nei panni di Silver Surfer, incanta: glaciale e magnetica, la sua presenza è tanto spaventosa quanto poetica. Una messaggera di morte che porta con sé il dubbio, e forse, una traccia di speranza. Anche in questo caso, finalmente, abbiamo modo di vedere il divoratore di mondi. Che sia nella sua massima dimensione o in quella ridotta, il suo totale disinteresse per il prossimo è praticamente il vero terrore.

“I Fantastici 4: Gli inizi” non è un film perfetto, ma ha cuore. E ha coraggio. Quello di intraprendere una nuova strada, rispettando però la mitologia Marvel. È un’introduzione potente, che non pretende di dire tutto subito, ma prepara il terreno per un futuro che si preannuncia straordinario. Dopo Thunderbolts* questo sembra essere un perfetto modo di puntare nuovamente attenzione sull’MCU. Una nuova base per poter riscrivere, ancora e ancora, quello che è il destino dei nostri amati Supereroi.

È solo l’inizio. Ma è un inizio che lascia il segno.

I Fantastici 4: Gli Inizi esce in sala oggi, mercoledì 23 luglio, distribuito da The Walt Disney Company Italia.

Qui trovi il “perché no!”

di Aida Picone

Guardo troppi film e parlo troppo velocemente, ma ho anche dei difetti!

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