Liberamente tratto dal romanzo Gli squali di Giacomo Mazzariol, Squali, presentato nel corso della ventitresima edizione di Alice nella città, segna l’esordio alla regia di Daniele Barbiero, con una sceneggiatura firmata da Mauro Graiani.
Il film racconta la storia di Max (Lorenzo Zurzolo), diciannove anni, che vive l’estate dopo la maturità nel suo piccolo paese veneto. Insieme agli amici Filippo (Francesco Centorame) e Anna (Ginevra Francesconi), sogna un viaggio in Spagna per celebrare la fine della scuola, ma un incontro inatteso cambia tutto: Robert Price (James Franco), un imprenditore nel settore delle startup, si mostra interessato all’app che Max ha sviluppato per aiutare i giovani a scegliere l’università. Così il ragazzo si ritrova catapultato a Roma, tra promesse di successo e dubbi esistenziali, in un percorso che lo costringerà a fare i conti con sé stesso e con la paura di crescere.
Accanto ai protagonisti, completano il cast Greta Fernández, Francesco Gheghi, Gabriele Rollo, Miriam Andra, Marc Clotet, Stefano Fregni e Luca Ambrosino.
Una regia in cerca d’identità
Barbiero affronta il suo primo lungometraggio con evidente entusiasmo, ma la regia appare confusa, schiacciata dal desiderio di fondere troppi linguaggi visivi insieme. Squali alterna lo stile realistico del coming-of-age italiano a improvvise impennate da videoclip, momenti di cinema indipendente europeo e inserti pseudo-documentaristici. Il risultato è disomogeneo: invece di restituire l’energia di un’estate di passaggio, il film finisce per oscillare senza direzione, incapace di trovare un tono coerente.
Una sceneggiatura lineare ma prevedibile
La scrittura, pur priva di veri errori strutturali, procede per tappe obbligate. Ogni svolta narrativa arriva esattamente dove lo spettatore se l’aspetta, e i dialoghi, benché sinceri nelle intenzioni, raramente riescono a suonare autentici. È come se Squali cercasse costantemente di spiegare i propri temi invece di lasciarli emergere dai personaggi e dalle loro azioni. Ne risulta un racconto che parla della paura di scegliere e della pressione del futuro, ma che raramente riesce a farcela sentire davvero.
Un cast che nuota a velocità diverse
Lorenzo Zurzolo, nei panni di Max, fatica a reggere il peso del ruolo principale. Il suo personaggio dovrebbe incarnare la confusione e la vulnerabilità di un ragazzo sospeso tra ambizione e smarrimento, ma la sua interpretazione resta troppo uniforme, priva di sfumature emotive. Al contrario, Francesco Centorame è di un altro livello: ogni sua scena ha naturalezza e verità, e il contrasto con Zurzolo è evidente, tanto da sembrare che i due appartengano a film diversi. Ginevra Francesconi porta grazia e leggerezza, ma resta confinata in un ruolo troppo marginale, mentre James Franco interpreta Price con la consueta eccentricità, pur rimanendo una figura più simbolica che reale.
Suono, luce e malinconia
La colonna sonora di Diana Tejera, che alterna brani originali e sonorità elettroniche, è tra gli elementi più riusciti: accompagna la storia con una malinconia discreta, traducendo in musica quel senso di sospensione tipico delle estati che segnano la fine dell’adolescenza.
La fotografia di Andrea Reitano cerca spesso il contrasto tra la luce dorata delle giornate di provincia e il neon artificiale della Capitale, ma non sempre riesce a mantenere un equilibrio visivo coerente con il tono del racconto.
Un messaggio sincero ma intrappolato
Il messaggio è chiaro e sincero – la paura di scegliere, di crescere, di non sapere chi si è davvero – ma viene soffocato da una messa in scena troppo artificiosa, che tenta di parlare ai giovani senza mai davvero ascoltarli. Squali vuole essere il ritratto di una generazione intrappolata tra il desiderio di libertà e la pressione del successo, ma finisce per osservare i suoi personaggi da lontano, senza la necessaria empatia.
Nel complesso, Squali è un film in bilico: ambizioso ma diseguale, sincero ma ingenuo. Rimane il valore del tentativo, quello di raccontare l’incertezza come condizione universale, anche se il risultato non sempre convince. Se Barbiero avesse spinto con più coraggio verso un tono ironico, abbandonando la pretesa di realismo, Squali avrebbe forse trovato la propria identità e un’autenticità più profonda.
Un’opera di passaggio, proprio come i suoi protagonisti: confusa, contraddittoria, ma non priva di un cuore che, a tratti, riesce ancora a battere.
Squali è nelle sale italiane con Eagle Pictures, in co-produzione con Camaleo, Neo Art Producciones e Agresywna Banda.

